Ius. L'invenzione del diritto in Occidente (2017) by Aldo Schiavone

Ius. L'invenzione del diritto in Occidente (2017) by Aldo Schiavone

autore:Aldo Schiavone
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi


2. È difficile stabilire in che misura il degrado della funzione di governo che erose per lunghi tratti il principato giulioclaudio mise davvero in crisi il delicato equilibrio costruito da Labeone e da Augusto. Complessivamente, si ha l’impressione che i termini di quella soluzione reggessero alla prova, e contribuissero anzi al rafforzamento della vocazione specialistica della giurisprudenza, e al suo costituirsi come ceto separato. Il tratto dominante fu la cautela: quella stessa che nell’Apocolocyntosis veniva presentata come fuga e viltà (e probabilmente lo fu davvero in qualche caso); un atteggiamento cui non rinunciò lo stesso Cassio Longino, che pure fu il personaggio che si espose di piú, e che si piegò ciò nonostante in diverse occasioni al silenzio e alla reticenza.

In realtà, una tendenza autenticamente ostile al principato – qualcosa di simile a una fronda repubblicana – non emerse mai in quegli anni. I giuristi (almeno i maggiori) cercarono comunque di non ostacolare l’azione di governo, se non di assecondarla. Il rapporto fra intellettuali e potere acquistava dimensioni e tonalità inedite per la storia di Roma: l’esempio personale e la ricerca di Seneca illuminavano la scena con una riflessione che è stata l’unico autentico apporto romano alla costruzione di un’etica pubblica, prima del pensiero di Ulpiano19; appena oltre, il campo era tutto dominato dal formalismo del discorso giuridico. Ma la prospettiva era quella della collaborazione, sia pure all’interno di una rete di garanzie, non della resistenza.

E si dividevano anche, i giuristi, e non senza passione, pur non rinunciando mai a un’indissolubile solidarietà di ceto. Sulla base comune appena identificata, si innestavano scelte diverse, tecnico-giuridiche, non meno che di politica del diritto. Nel periodo fra la metà del I secolo d.C. e gli anni centrali del II, pare che la stessa giurisprudenza distinguesse al suo interno – a somiglianza di quanto accadeva per tradizione negli studi filosofici, retorici, medici o di grammatica – almeno due «scuole»: la «sabiniana» e la «proculiana» (dal nome di due personaggi di cui diremo subito; ma l’origine del contrasto si sarebbe dovuta ricondurre già alla rivalità fra Capitone e Labeone)20. È molto probabile che la distinzione abbia avuto minore peso di quanto non induca a ritenere la lettura di Gaio e di Pomponio (ai quali dobbiamo quasi ogni informazione su questo punto): e che essa vada considerata solo come un modello interpretativo proposto dai due autori per uno sguardo sommario e d’insieme, ma destinato a non resistere nel passaggio dai manuali (l’Enchiridion e le Istituzioni) alle opere piú approfondite21. Sta di fatto che ogni tentativo di ricondurre la diversità tra i due gruppi ad atteggiamenti univoci, politici o scientifici (favorevoli al principato i proculiani, filorepubblicani i sabiniani, per esempio), non riesce a superare una verifica attenta22. Quel che abbiamo di fronte è solo una diversità di orientamenti personali, mediati da filiazioni deboli e nebulose, all’interno del comune tentativo di preservare, in un’epoca di difficoltà e di pericoli, un’indipendenza messa a rischio dal ripetersi di episodi repressivi e ‘tirannici’, tali da determinare addirittura, in qualche caso, una precoce e inattesa crisi di regime.



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